In età villanoviana alle origini della storia degli Etruschi nel IX-VIII secolo a.C. come sepoltura si scavavano semplicissimi buchi nel terreno denominati oggi tombe a pozzetto perché sembrano appunto dei piccoli pozzi scavati nella macchia nel bosco. Dentro si calava il contenitore delle ceneri del morto e i pochi oggetti del corredo. Poi il pozzetto si richiudeva con una lastra in pietra chiamata coperchio-cippo perché fungeva sia da chiusura della tomba a pozzetto sia da segnacolo funebre talora ornato anche con incisioni circolari.
Solo ai personaggi più eminenti venivano destinate le urne a capanna. Per tutti gli altri veniva usato il vaso a doppio cono – il biconico – con anse orizzontali a maniglia poi coperto da una ciotola rovesciata. In alcune sepolture importanti, maschili, il coperchio era costituito da un elmo realizzato in ceramica. In altre città dell’Etruria, ad esempio a Tarquinia, a Volterra, Veio, sono frequenti gli ossuari con elmo di bronzo, ornati a sbalzo con punzonature.
Nella vita quotidiana i biconici di impasto grezzo erano contenitori d’acqua. Poi conclusa anche la loro vita erano destinati ad accogliere gli ultimi resti del defunto cremato ma per distinguere questa nuova funzione si compiva un rito: il vaso veniva dedicato al defunto e consacrato alle divinità dell’Oltretomba rompendo uno dei due manici.. spezzare il manico significava la fine della funzione che aveva avuto in vita assimilandosi al defunto. Sono documentati però anche casi di vasi creati ex novo probabilmente perché mancavano i vasi di uso comune e in tali casi venivano realizzati appositamente senza un manico.
La dea dormiente, infatti, si confronta unicamente con un’altra venere sdraiata dallo stesso ipogeo, più grezza e dalle forme più approssimate. La posizione racchiusa in un’ideale forma ovoidale, è la medesima in cui venivano deposti i defunti all’ interno dell’ipogeo. Tale dato, assieme alla sua probabile collocazione accanto a questi, ha indotto gli studiosi a ipotizzarne una sua funzione propiziatoria di rinascita in un mondo ultraterreno: infatti, oltre all’ormai noto simbolo di fertilità rappresentato da queste icone femminili preistoriche. La sleeping lady maltese si configura come emblema della funzione sacra e rigenerante del sonno della dea, del riposo eterno da cui, ciclicamente, rinasce nuova vita (Percovich, L., 2013)”.
Casi, C. et al., 2016. La donna nell’Antichità. Archeologia e storia della condizione
femminile dalla Preistoria al Medioevo. Laurum Editrice.
Kultermann, U., 1990. Woman Asleep and the Artist. Artibus et Historiae , 1990, Vol. 11,
No. 22 (1990), pp. 129-161
Percovich, L., 2013. Oscure madri splendenti: le radici del sacro e delle religioni. Venexia
Editrice.
Polo, A. et al., 2011. Le spirali nei templi neolitici di Malta e Gozo.
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