Grazie alla dott.ssa Laura Volpe, specializzata in conservazione dei reperti archeologici e aspirante egittologa dell’università di Pisa per il seguente approfondimento:
“Il cartiglio, detto in egiziano šnw (shenu) dal verbo “šni” “circondare”, è un segno sacro che conteneva il nome di persona del sovrano nella forma di un nodo magico cioè un giro di corda a due fili paralleli con le estremità annodate. In origine circolare, assunse forma ellittica per adattarsi alla lunghezza dei nomi. La titolatura completa di un sovrano era composta da 5 nomi: 1)l’antico nome di Horo, 2)il nome delle due Signore; 3)il nome di Falco d’oro, 4)il nome di incoronazione “Re dell’Alto e Basso Egitto”, 5)il nome proprio come figlio di Ra.
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Nel 333 a.C. Alessandro Magno dopo la battaglia di Isso e la fondazione di Alessandria, si recò nella remota oasi di Siwa, dove si trovava il tempio oracolare dedicato ad Amon-Ra. Qui si fece nominare formalmente “figlio del dio Amon”, operazione rivoluzionaria per un greco.
Per consolidare e legittimare il proprio potere sull’Egitto, si fece riconoscere come figlio di un dio egiziano, assegnare la titolatura faraonica (utilizzando una grafia fonetica per il proprio nome Зlksjndrs = Ἀλέξανδρος) e, fuori da Alessandria, si fece rappresentare sempre come un sovrano egiziano. La permanenza di Alessandro Magno sul suolo egizio non durò a lungo, ma secondo le testimonianze di Curzio Rufo , Diodoro Siculo e Giustino, in punto di morte, chiese di essere sepolto non in Macedonia, nella sua patria nativa, né in Persia, secondo la tradizione Achemenide, accanto al mausoleo di Ciro, bensì di riposare presso il tempio dell’oasi di Siwa
La bellezza e l’interesse di scene di vita quotidiana così uniche si combina alla dimostrazione di forza e vigore, incurante dei modelli maschili imperanti. L’occasione per onorare, esaltare e comunicare nel modo unico di Nymphè un tesoro unico al mondo, patrimonio dell’Unesco dal 1997, di oltre tremilacinquecento metri quadrati di mosaici e 120 milioni di tessere. La meravigliosa struttura della villa scoperta intorno al 1950, dall’archeologo Gino Vinicio Gentili è una delle più lussuose residenze del mondo romano e uno degli esempi più significativi di dimora di rappresentanza, in cui il committente viene celebrato attraverso il ricco programma iconografico. I soggetti scelti sono le famose Palestriti, dieci atlete vestite di subligaria o cingola ella parte inferiore e strophia o fasciae pectorales nella parte superiore rossi o verdi. I loro corpi sono muscolosi e resi realisticamente, capelli sono raccolti o sciolti sulle spalle e recano in mano attrezzi relativi alle loro specialità atletiche: una figura regge gli halteres ossia i pesi utilizzati nel lancio del disco, una è intenta nella corsa, una coppia gioca con una palla colorata, un giudice invece regge una corona e una palma rivolgendosi verso un’atleta che regge una sorta di girandola. Lo sfondo è bianco e luminoso come il color rosa pallido dei corpi La bellezza e l’interesse di scene di vita quotidiana così uniche si combina alla dimostrazione di forza e vigore, incurante dei modelli maschili imperanti.
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